Il Decreto Legge n. 168/2016, pubblicato il 31 agosto 2016, contenente “Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa”, introduce, accanto a norme volte ad una maggiore efficienza nel Giudizio in Cassazione, e alla proroga del pensionamento di Magistrati, significative modifiche alla disciplina del Proocesso Amministrativo Telematico, racchiuse principalmente nell’art. 7 del decreto in commento, riguardando gli articoli 8,9 e 10 sostanzialmente misure organizzative degli Uffici.
La scelta governativa è stata quella di intervenire sulle norme del D.lgs. 104/2010 (codice del processo amministrativo) – e precisamente sugli art.li 25 e 136, nonché sugli articoli 3, 4, 5 e 13 dell’allegato 2 al medesimo decreto – al dichiarato fine di armonizzare le norme processuali alle norme tecniche, e di eliminare alcune criticità emerse nella fase di sperimentazione; sono state tuttavia aggiunte ulteriori disposizioni volte probabilmente ad agevolare il passaggio degli Uffici al digitale (come dimenticare la “pasticciata” proroga di fine giugno, dovuta essenzialmente al mancato adeguamento di gran parte dei TAR?), con il risultato, tuttavia, di renderne ancora più incerta e confusa l’applicabilità.
L’impressione è che sia venuto meno il disegno strategico posto alla base della normativa sul processo amministrativo telematico, che, facendo tesoro delle difficoltà incontrate dal PCT, aveva inteso discostarsene parzialmente, introducendo indubbie migliorie rispetto al fratello primogenito, pur con qualche criticità cui si sarebbe potuto agevolmente porre rimedio: sintomatica la circostanza che l’art.1/bis del DL 117/2016, ("Al fine di consentire l'avvio ordinato del processo amministrativo telematico, fino alla data del 31 marzo 2017 restano applicabili, congiuntamente alle disposizioni che disciplinano il processo telematico, le regole vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto" ) introdotto con la legge di conversione n. 161/2016 sia rimasto in vita solamente 18 giorni: approvato il 12 agosto, è stato abrogato con il decreto in commento.
Le modifiche introdotte impattano anche sulle norme e specifiche tecniche di cui al DPCM 40/2016, sul quale si dovrà dunque necessariamente intervenire.
Passando all’esame analitico del provvedimento, si osserva:
1 L’art. 7, comma 1 lettera a) introduce anche per il processo amministrativo il c.d. domicilio digitale (i.e. la possibilità di notificare in cancelleria in mancanza di elezione di domicilio solo ove non sia possibile, per causa imputabile al destinatario la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata), con conseguente abrogazione – a far tempo dall’1.1.2018, allorché il PAT sarà a pieno regime – del comma 1 (notifica presso la segreteria in mancanza di elezione di domicilio).
2 L'art. 7 comma 1 lett. b) n. 1 sostituisce integralmente il comma 2 dell’art. 136, introducendo la possibilità di “per motivi di riservatezza legati alla posizione delle parti o alla natura della controversia” che il Presidente del TAR o del Consiglio di Stato, o il collegio possano dispensare dall’obbligo di sottoscrizione digitale e di deposito telematico.
La previgente disposizione prevedeva un obbligo di dispensa “per motivi eccezionali”.
La norma introduce un concetto quanto meno bizzarro, per il quale la riservatezza sarebbe tutelata maggiormente con l’utilizzo della carta, piuttosto che per via telematica (guardando con evidente sospetto alla sicurezza informatica…).
Rimane assai incerto quali possano essere concretamente i casi di applicabilità della disposizione, che potrebbe prestarsi a creare una tipologia indifferenziata di cause sottratte all’obbligo telematico “ratione materiae” che costituirebbero un indubbio ostacolo all’auspicata integrale informatizzazione del processo; sotto altro profilo. creando comunque difficoltà di coordinamento con le disposizioni in merito agli atti e provvedimenti contenenti dati sensibili (art. 13, comma 10 delle norme tecniche e delle specifiche tecniche)
Sarebbe quindi opportuno definire più dettagliatamente i confini dell’eccezione, introducendo criteri oggettivi, così da evitare interpretazioni diverse a seconda degli Uffici ed armonizzare la disposizione con quella di cui all’art. 10 delle norme tecniche.
3 L’art. 7 comma 1 lett. b) n. 2 introduce l’obbligo di sottoscrivere con firma digitale di tutti gli atti e provvedimenti, ad eccezione dei casi di cui al comma 2.
La norma anche se non espressamente indicato, ovviamente si applica solo le cause introdotte dopo il primo gennaio 2017 e in via generale a far tempo dall’1.1.2018.
4 L’art. 7 comma 1 lett. b) n. 3: aggiunge all’art. 136 cpa i commi 2/ter e 2/quater.
Il comma 2/ter introduce il potere dell’avvocato difensore di attestare ai sensi dell’art. 22, comma 2 del CAD la conformità della copia informatica di atti provvedimenti e documenti analogici nell’ipotesi in cui debba effettuare un deposito telematico.
La norma limita quindi alla sola ipotesi del deposito telematico di copia informatica di documento analogico il potere di attestazione della conformità dell’avvocato, mantenendo inalterate le modalità di rilascio della copia conforme di un atto, documento o provvedimento inserito nel fascicolo telematico, che sono rilasciate dalla segreteria dell’Ufficio dopo un complicato andirivieni di PEC. (come previsto dall’art. 16 delle norme tecniche)
Si è quindi persa un’occasione importante di applicare al PAT una norma che ha di molto facilitato il compito degli Avvocati nel PCT.
Rimane inoltre invariata la norma che, in contrasto con l’art. 83 del c.p.c., applicabile anche ai processi amministrativi, prevede l’attestazione di conformità anche nella procura alle liti.
In sede di conversione si auspica l’estensione dei poteri del difensore, ribadendo l’applicabilità anche al PAT dell’art. 83 c.p.c.
Il comma 2/quater prevede il potere del Presidente di Sezione o del Collegio, che intenda chiamare in causa un privato che non possa effettuare il deposito tramite PEC a depositare atti e documenti tramite upload utilizzando il sito istituzionale.
La norma intende probabilmente intervenire sul comma 3 dell’art. 9 delle specifiche tecniche (che prevede che il privato che stia in giudizio personalmente debba rispettare le modalità di deposito previste per le altre parti) e dovrà quindi essere necessariamente armonizzata con l’art. 8 delle specifiche tecniche, dal momento che il deposito tramite upload prevede l’invio da parte del sistema di una PEC “registrazione deposito”; conseguentemente si dovranno apportare modifiche anche al Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa (SIGA)
5 L’art. 7 comma 2 lettera a) introduce l’obbligo (e non più la mera facoltà) di eseguire in forma automatizzata le registrazioni di cui agli art.li 1 e 2 delle norme di attuazione al cpa;
6 L’art. 7 comma 2 lettera b) interviene sull’orario di deposito, prevedendo che il deposito telematico possa essere effettuato entro le ore 24 del giorno di scadenza, e che si consideri tempestivo ove, sempre entro le ore 24 del giorno di scadenza, sia generata la ricevuta di accettazione; agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali, il deposito effettuato dopo le ore 12 si considera effettuato il giorno successivo.
La norma è volta ad armonizzare l’art. 4 del codice di procedura con l’art. 9 delle regole tecniche sul PAT. Deve essere segnalato come si riproduca anche in questo caso il medesimo errore già segnalato nei commenti al DPCM: è noto infatti come per convenzione il giorno inizia alle ore 00:00 (0 24:00 che dir si voglia) e termina alle 23:59:59, di tal che la scadenza del termine per i depositi sarebbe di fatto anticipata all'inizio del giorno di scadenza, piuttosto che alla "fine" di esso (come più esattamente previsto dall'omologa norma per il processo civile telematico).
Si auspica pertanto che in sede di conversione si provveda alla necessaria modifica al fine di evitare di esporre il depositante ad eccezioni di tardività del deposito.
7 L’art. 7 comma 2 lettera c) introduce accanto al fascicolo digitale il fascicolo cartaceo ove devono essere conservati il deposito di atti e documenti effettuati in forma cartacea.
La norma è volta ad armonizzare il codice di procedura con il comma 10 dell’art. 9 delle regole tecniche, eliminando l’originario contrasto.
8 L’art. 7 comma 2 lettera d) aggiunge all’art. 13 delle norme di attuazione al CPA i commi 1/ter e 17quater.
Il comma 1/ter conferma che l’entrata in vigore del PAT è fissata per l’1.1.2017, e per i soli procedimenti (anche in grado di appello) introdotti a decorrere da quella data. Sono fatti salvi i casi in cui è diversamente disposto.
Il comma 1/quater prevede che sino al 31 dicembre 2017 il deposito telematico dovrà necessariamente essere effettuato dai domiciliatari anche non iscritti all’Albo degli Avvocati.
La norma, altrimenti ingiustificabile, a parere di chi scrive deve essere coordinata con la modifica introdotta dall’art. 7 comma 2 lettera e) (deposito obbligatorio, per un anno, delle copie di cortesia v. infra) ed è certamente una delle norme più discutibili del decreto, confiscando al difensore il potere di deposito telematico (tramite PEC, ovvero upload nei casi previsti), per affidarlo ad un domiciliatario che può anche non essere avvocato, alla cui PEC saranno fatte le comunicazioni di segreteria: il “domiciliatario obbligatorio” depositerà presso l’Ufficio la copia di cortesia, così superando una delle obiezioni dell’Avvocatura, che ha opposto alla richiesta del deposito anche cartaceo proprio la necessità di doversi munire di domiciliatario.
L’articolo in commento, oltre a comprimere in modo ingiustificato (ed ingiustificabile) il diritto di difesa, creando ex novo un obbligo (quello di munirsi necessariamente di un domiciliatario) non previsto neppure nel processo cartaceo, ed imponendo costi che confliggono con i principi del processo telematico, comporta una inevitabile “collisione” con gli articoli 7 e 8 delle specifiche tecniche di cui al DPCM 40/16, che prevedono che l’attività di deposito, spetti esclusivamente al difensore, che è il destinatario di tutti gli ulteriori adempimenti ed attività connessi e successivi al deposito.
Non è chiaro cosa potrà accadere, trascorso il termine previsto dalla norma: le comunicazioni saranno fatte ancora al domiciliatario, oppure al difensore?
Il mantenimento in sede di conversione di questa norma richiederebbe, infine, una (costosa e complicata) modifica strutturale del SIGA ancor più inaccettabile ove si consideri che la norma andrà a scadere il 31.12.2017 e che, quindi, dal giorno successivo dovrebbe ripristinarsi l’assetto normativo e tecnico oggi esistente.
L’auspicio è che la norma sia eliminata in sede di conversione.
9 L’art. 7 comma 2 lettera e) detta le misure transitorie per l’uniforme applicazione del processo telematico mediante l’introduzione dell’art. 13/bis nell’allegato 2 al CPA.
Il comma 1 dell’art. 13/bis prevede che per un periodo di tre anni dall’entrata in vigore del PAT la possibilità di deferire alla Plenaria, sia in primo che in secondo grado, questioni inerenti l’interpretazione e l’applicazione delle norme del processo amministrativo telematico, in presenza di contrasti giurisprudenziali che ne rendano incerta la soluzione in pregiudizio del diritto di difesa delle parti.
La norma persegue il lodevole intento di cercare uniformità giurisprudenziale in una materia resa complessa dal variegato panorama delle fonti normative di riferimento: il PAT è infatti regolato da disposizioni contenute indifferentemente nel Codice del processo amministrativo, nel CAD, nelle norme e specifiche tecniche emanate in tempi diversi e spesso in contrasto tra loro, che ne rendono incerta l’individuazione e la corretta applicazione. Già nel recente passato è accaduto che sezioni diverse del Consiglio di Stato abbiano deciso a pochi mesi di distanza in modo diametralmente opposto in materia di notifiche a mezzo PEC, sacrificando il diritto di difesa e la certezza del diritto a non coerenti applicazioni di norme esclusivamente tecniche. L’assenza di un disegno legislativo uniforme cui la norma cerca di ovviare, causerà inevitabilmente l’allungamento dei tempi processuali.
Il comma 2 dell’art. 13/bis prevede che le norme relative al PAT troveranno applicazione solamente per i giudizi di primo e secondo grado introdotti a decorrere dall’1.1.2017, mentre per i giudizi pendenti continueranno ad applicarsi le norme previgenti sino alla definizione del grado di giudizio, e comunque non oltre il 1° gennaio 2018.
Contrariamente alle intenzioni manifestate inizialmente, che prevedevano l’applicazione delle norme sin da subito anche ai processi pendenti, il PAT entrerà dunque a pieno regime solamente l’1.1.2018.
Il comma 4 dell’art. 13/bis (manca inspiegabilmente un comma 3) introduce l’obbligo sino al 31.12.2017 di deposito almeno di una copia cartacea del ricorso e degli atti difensivi in via telematica, munita di attestazione di conformità a quanto depositato per via telematica.
La norma in esame – un evidente “regalo” alla Magistratura, che, in questa sede è riuscita ad ottenere quanto i Giudici civili avevano chiesto, senza successo, a gran voce (la materia nel PCT è correttamente regolata dalla circolare ministeriale dell’ottobre 2015: le copie sono stampate a cura della Cancelleria) – come più sopra rilevato va posta in stretta correlazione con l’obbligatorietà del deposito telematico a mezzo del domiciliatario: il domiciliatario deposita per via telematica, e poi corre in segretaria a depositare la copia di cortesia debitamente asseverata.
Tuttavia, la norma (oltre che inopportuna) pone una serie di irrisolvibili problemi giuridici, che evidentemente il legislatore non si è posto, ma che certamente comporteranno eccezioni e pronunce di nullità, a scapito del diritto di difesa e del diritto ad un processo celere.
La dichiarazione di conformità della copia depositata dovrà infatti essere apposta, necessariamente, dal domiciliatario (per essere colui che ha provveduto in via telematica), il quale, a mente dell’art. 7, comma 2 lett. d) potrà non essere iscritto all’Albo degli Avvocati.
Ora la prima cosa da chiedersi è da dove deriverebbe il potere del domiciliatario di attestare la conformità dell’atto cartaceo al quello depositato per via telematica (e che non ha redatto lui e che non ha poteri difensivi o di rappresentanza conferitigli dalla parte). Non esiste infatti nell’impianto normativo del PAT una norma che autorizzi a tanto, dal momento che è dato unicamente il potere di attestare la conformità della copia informatica alla copia analogica nell’ipotesi di deposito telematico, e non il contrario, peraltro al solo difensore e non al mero domiciliatario.
Si potrebbe quindi pensare ad un’applicazione per analogia dell’art. 23 del CAD, che peraltro prescrive che l’attestatore sia pubblico ufficiale (cosa che nel caso in esame difetta del tutto): non è quindi applicabile al caso in esame.
Parimenti per analogia potrebbe richiamarsi il comma 9/bis del DL 179/2012 introdotto dal DL 83/2016, ma in questo caso il potere è attribuito al difensore e non potrebbe essere esteso al mero domiciliatario. Va tuttavia rilevato come l’applicazione generalizzata quantomeno del comma 9/bis sia stata chiesta a gran voce dall’Avvocatura, ma non è minimamente stata presa in considerazione.
Non resta quindi che ritenere che il potere di attestazione sorga proprio dalla norma in commento, indipendentemente da ogni potere conferito dalle parti e dalla qualifica.
L’attestazione sarà quindi fatta ex art. 13/bis comma 4dal soggetto (avvocato o meno, e privato munito di PEC) che ha effettuato il deposito.
Ma quid iuris ove l’attestazione sia falsa, cioè la copia di cortesia non sia effettivamente conforme all’atto depositato in via telematica?
Per il domiciliatario avvocato, ovviamente soccorrerà il codice deontologico forense, ma per chi non è iscritto all’Albo, ovvero per il privato? Non pare esservi sanzione alcuna, posto che comunque l’atto che rileva è quello depositato telematicamente, e non la sua copia: con il risultato di una inaccettabile disparità di trattamento tra chi è avvocato e chi non lo è.
Ma quale la sorte dell’atto cartaceo depositato? Sarà conservato in un fascicolo cartaceo?, sarà cestinato? Non è dato a sapersi.
Ancora: quali le conseguenze in caso di mancato deposito della copia di cortesia? La norma non prevede sanzione, e sinceramente si spera di evitare di assistere alle dispute verificatesi nell’ambito del processo civile telematico in merito alla sanzione applicabile.
Infine una notazione curiosa: l’obbligo del deposito delle copie di cortesia riguarda esclusivamente il ricorso e gli atti difensivi, e non i documenti allegati, che assai spesso sono i più “fastidiosi” da leggere al computer. Forse che non interessano a nessuno?
Si auspica, come già per la “norma presupposto” di cui all’art. 7, comma 2 lettera d) che in sede di conversione del decreto venga del tutto eliminata.
Il comma 5 dell’art. 13/bis esclude dal PAT i procedimenti coperti dal segreto di Stato. Si ribadisce con questa norma la diffidenza nei confronti del sistema informativo.
Il comma 6 prevede che al fine di garantire la sicurezza del SIGA 2017 i depositi telematici degli atti processuali e dei documenti sono effettuati dai difensori e dalle Pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo esclusivo di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi, gestiti dal Ministero della giustizia.
La norma dovrà essere coordinata con quelle relative al deposito ad opera dei privati e dei domiciliatari non iscritti all’Albo.
Il comma 7 prevede la costituzione di una commissione di monitoraggio presieduta dal presidente aggiunto del Consiglio di Stato composta dal presidente di tribunale amministrativo regionale con la maggiore anzianità di ruolo, dal segretario generale della giustizia amministrativa, dal responsabile del servizio centrale per l'informatica e le tecnologie di comunicazione, nonché, ove necessario, da altri componenti aventi particolari competenze tecniche, anche esterni all'amministrazione, indicati dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa in misura non superiore a tre.
Si confida che i membri esterni siano Avvocati con comprovata esperienza nel campo del processo telematico.
Infine il comma 8 (come già più sopra accennato) abroga il comma 1-bis dell'articolo 2 del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161, ponendo così fine alla vigenza più breve che si ricordi di una norma approvata dal Parlamento.
Set 08 2016
LE MODIFICHE AL PAT La cortesia è d’obbligo
8 Settembre 2016
Il Decreto Legge n. 168/2016, pubblicato il 31 agosto 2016, contenente “Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa”, introduce, accanto a norme volte ad una maggiore efficienza nel Giudizio in Cassazione, e alla proroga del pensionamento di Magistrati, significative modifiche alla disciplina del Proocesso Amministrativo Telematico, racchiuse principalmente nell’art. 7 del decreto in commento, riguardando gli articoli 8,9 e 10 sostanzialmente misure organizzative degli Uffici.
La scelta governativa è stata quella di intervenire sulle norme del D.lgs. 104/2010 (codice del processo amministrativo) – e precisamente sugli art.li 25 e 136, nonché sugli articoli 3, 4, 5 e 13 dell’allegato 2 al medesimo decreto – al dichiarato fine di armonizzare le norme processuali alle norme tecniche, e di eliminare alcune criticità emerse nella fase di sperimentazione; sono state tuttavia aggiunte ulteriori disposizioni volte probabilmente ad agevolare il passaggio degli Uffici al digitale (come dimenticare la “pasticciata” proroga di fine giugno, dovuta essenzialmente al mancato adeguamento di gran parte dei TAR?), con il risultato, tuttavia, di renderne ancora più incerta e confusa l’applicabilità.
L’impressione è che sia venuto meno il disegno strategico posto alla base della normativa sul processo amministrativo telematico, che, facendo tesoro delle difficoltà incontrate dal PCT, aveva inteso discostarsene parzialmente, introducendo indubbie migliorie rispetto al fratello primogenito, pur con qualche criticità cui si sarebbe potuto agevolmente porre rimedio: sintomatica la circostanza che l’art.1/bis del DL 117/2016, ("Al fine di consentire l'avvio ordinato del processo amministrativo telematico, fino alla data del 31 marzo 2017 restano applicabili, congiuntamente alle disposizioni che disciplinano il processo telematico, le regole vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto" ) introdotto con la legge di conversione n. 161/2016 sia rimasto in vita solamente 18 giorni: approvato il 12 agosto, è stato abrogato con il decreto in commento.
Le modifiche introdotte impattano anche sulle norme e specifiche tecniche di cui al DPCM 40/2016, sul quale si dovrà dunque necessariamente intervenire.
Passando all’esame analitico del provvedimento, si osserva:
1 L’art. 7, comma 1 lettera a) introduce anche per il processo amministrativo il c.d. domicilio digitale (i.e. la possibilità di notificare in cancelleria in mancanza di elezione di domicilio solo ove non sia possibile, per causa imputabile al destinatario la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata), con conseguente abrogazione – a far tempo dall’1.1.2018, allorché il PAT sarà a pieno regime – del comma 1 (notifica presso la segreteria in mancanza di elezione di domicilio).
2 L'art. 7 comma 1 lett. b) n. 1 sostituisce integralmente il comma 2 dell’art. 136, introducendo la possibilità di “per motivi di riservatezza legati alla posizione delle parti o alla natura della controversia” che il Presidente del TAR o del Consiglio di Stato, o il collegio possano dispensare dall’obbligo di sottoscrizione digitale e di deposito telematico.
La previgente disposizione prevedeva un obbligo di dispensa “per motivi eccezionali”.
La norma introduce un concetto quanto meno bizzarro, per il quale la riservatezza sarebbe tutelata maggiormente con l’utilizzo della carta, piuttosto che per via telematica (guardando con evidente sospetto alla sicurezza informatica…).
Rimane assai incerto quali possano essere concretamente i casi di applicabilità della disposizione, che potrebbe prestarsi a creare una tipologia indifferenziata di cause sottratte all’obbligo telematico “ratione materiae” che costituirebbero un indubbio ostacolo all’auspicata integrale informatizzazione del processo; sotto altro profilo. creando comunque difficoltà di coordinamento con le disposizioni in merito agli atti e provvedimenti contenenti dati sensibili (art. 13, comma 10 delle norme tecniche e delle specifiche tecniche)
Sarebbe quindi opportuno definire più dettagliatamente i confini dell’eccezione, introducendo criteri oggettivi, così da evitare interpretazioni diverse a seconda degli Uffici ed armonizzare la disposizione con quella di cui all’art. 10 delle norme tecniche.
3 L’art. 7 comma 1 lett. b) n. 2 introduce l’obbligo di sottoscrivere con firma digitale di tutti gli atti e provvedimenti, ad eccezione dei casi di cui al comma 2.
La norma anche se non espressamente indicato, ovviamente si applica solo le cause introdotte dopo il primo gennaio 2017 e in via generale a far tempo dall’1.1.2018.
4 L’art. 7 comma 1 lett. b) n. 3: aggiunge all’art. 136 cpa i commi 2/ter e 2/quater.
Il comma 2/ter introduce il potere dell’avvocato difensore di attestare ai sensi dell’art. 22, comma 2 del CAD la conformità della copia informatica di atti provvedimenti e documenti analogici nell’ipotesi in cui debba effettuare un deposito telematico.
La norma limita quindi alla sola ipotesi del deposito telematico di copia informatica di documento analogico il potere di attestazione della conformità dell’avvocato, mantenendo inalterate le modalità di rilascio della copia conforme di un atto, documento o provvedimento inserito nel fascicolo telematico, che sono rilasciate dalla segreteria dell’Ufficio dopo un complicato andirivieni di PEC. (come previsto dall’art. 16 delle norme tecniche)
Si è quindi persa un’occasione importante di applicare al PAT una norma che ha di molto facilitato il compito degli Avvocati nel PCT.
Rimane inoltre invariata la norma che, in contrasto con l’art. 83 del c.p.c., applicabile anche ai processi amministrativi, prevede l’attestazione di conformità anche nella procura alle liti.
In sede di conversione si auspica l’estensione dei poteri del difensore, ribadendo l’applicabilità anche al PAT dell’art. 83 c.p.c.
Il comma 2/quater prevede il potere del Presidente di Sezione o del Collegio, che intenda chiamare in causa un privato che non possa effettuare il deposito tramite PEC a depositare atti e documenti tramite upload utilizzando il sito istituzionale.
La norma intende probabilmente intervenire sul comma 3 dell’art. 9 delle specifiche tecniche (che prevede che il privato che stia in giudizio personalmente debba rispettare le modalità di deposito previste per le altre parti) e dovrà quindi essere necessariamente armonizzata con l’art. 8 delle specifiche tecniche, dal momento che il deposito tramite upload prevede l’invio da parte del sistema di una PEC “registrazione deposito”; conseguentemente si dovranno apportare modifiche anche al Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa (SIGA)
5 L’art. 7 comma 2 lettera a) introduce l’obbligo (e non più la mera facoltà) di eseguire in forma automatizzata le registrazioni di cui agli art.li 1 e 2 delle norme di attuazione al cpa;
6 L’art. 7 comma 2 lettera b) interviene sull’orario di deposito, prevedendo che il deposito telematico possa essere effettuato entro le ore 24 del giorno di scadenza, e che si consideri tempestivo ove, sempre entro le ore 24 del giorno di scadenza, sia generata la ricevuta di accettazione; agli effetti dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali, il deposito effettuato dopo le ore 12 si considera effettuato il giorno successivo.
La norma è volta ad armonizzare l’art. 4 del codice di procedura con l’art. 9 delle regole tecniche sul PAT. Deve essere segnalato come si riproduca anche in questo caso il medesimo errore già segnalato nei commenti al DPCM: è noto infatti come per convenzione il giorno inizia alle ore 00:00 (0 24:00 che dir si voglia) e termina alle 23:59:59, di tal che la scadenza del termine per i depositi sarebbe di fatto anticipata all'inizio del giorno di scadenza, piuttosto che alla "fine" di esso (come più esattamente previsto dall'omologa norma per il processo civile telematico).
Si auspica pertanto che in sede di conversione si provveda alla necessaria modifica al fine di evitare di esporre il depositante ad eccezioni di tardività del deposito.
7 L’art. 7 comma 2 lettera c) introduce accanto al fascicolo digitale il fascicolo cartaceo ove devono essere conservati il deposito di atti e documenti effettuati in forma cartacea.
La norma è volta ad armonizzare il codice di procedura con il comma 10 dell’art. 9 delle regole tecniche, eliminando l’originario contrasto.
8 L’art. 7 comma 2 lettera d) aggiunge all’art. 13 delle norme di attuazione al CPA i commi 1/ter e 17quater.
Il comma 1/ter conferma che l’entrata in vigore del PAT è fissata per l’1.1.2017, e per i soli procedimenti (anche in grado di appello) introdotti a decorrere da quella data. Sono fatti salvi i casi in cui è diversamente disposto.
Il comma 1/quater prevede che sino al 31 dicembre 2017 il deposito telematico dovrà necessariamente essere effettuato dai domiciliatari anche non iscritti all’Albo degli Avvocati.
La norma, altrimenti ingiustificabile, a parere di chi scrive deve essere coordinata con la modifica introdotta dall’art. 7 comma 2 lettera e) (deposito obbligatorio, per un anno, delle copie di cortesia v. infra) ed è certamente una delle norme più discutibili del decreto, confiscando al difensore il potere di deposito telematico (tramite PEC, ovvero upload nei casi previsti), per affidarlo ad un domiciliatario che può anche non essere avvocato, alla cui PEC saranno fatte le comunicazioni di segreteria: il “domiciliatario obbligatorio” depositerà presso l’Ufficio la copia di cortesia, così superando una delle obiezioni dell’Avvocatura, che ha opposto alla richiesta del deposito anche cartaceo proprio la necessità di doversi munire di domiciliatario.
L’articolo in commento, oltre a comprimere in modo ingiustificato (ed ingiustificabile) il diritto di difesa, creando ex novo un obbligo (quello di munirsi necessariamente di un domiciliatario) non previsto neppure nel processo cartaceo, ed imponendo costi che confliggono con i principi del processo telematico, comporta una inevitabile “collisione” con gli articoli 7 e 8 delle specifiche tecniche di cui al DPCM 40/16, che prevedono che l’attività di deposito, spetti esclusivamente al difensore, che è il destinatario di tutti gli ulteriori adempimenti ed attività connessi e successivi al deposito.
Non è chiaro cosa potrà accadere, trascorso il termine previsto dalla norma: le comunicazioni saranno fatte ancora al domiciliatario, oppure al difensore?
Il mantenimento in sede di conversione di questa norma richiederebbe, infine, una (costosa e complicata) modifica strutturale del SIGA ancor più inaccettabile ove si consideri che la norma andrà a scadere il 31.12.2017 e che, quindi, dal giorno successivo dovrebbe ripristinarsi l’assetto normativo e tecnico oggi esistente.
L’auspicio è che la norma sia eliminata in sede di conversione.
9 L’art. 7 comma 2 lettera e) detta le misure transitorie per l’uniforme applicazione del processo telematico mediante l’introduzione dell’art. 13/bis nell’allegato 2 al CPA.
Il comma 1 dell’art. 13/bis prevede che per un periodo di tre anni dall’entrata in vigore del PAT la possibilità di deferire alla Plenaria, sia in primo che in secondo grado, questioni inerenti l’interpretazione e l’applicazione delle norme del processo amministrativo telematico, in presenza di contrasti giurisprudenziali che ne rendano incerta la soluzione in pregiudizio del diritto di difesa delle parti.
La norma persegue il lodevole intento di cercare uniformità giurisprudenziale in una materia resa complessa dal variegato panorama delle fonti normative di riferimento: il PAT è infatti regolato da disposizioni contenute indifferentemente nel Codice del processo amministrativo, nel CAD, nelle norme e specifiche tecniche emanate in tempi diversi e spesso in contrasto tra loro, che ne rendono incerta l’individuazione e la corretta applicazione. Già nel recente passato è accaduto che sezioni diverse del Consiglio di Stato abbiano deciso a pochi mesi di distanza in modo diametralmente opposto in materia di notifiche a mezzo PEC, sacrificando il diritto di difesa e la certezza del diritto a non coerenti applicazioni di norme esclusivamente tecniche. L’assenza di un disegno legislativo uniforme cui la norma cerca di ovviare, causerà inevitabilmente l’allungamento dei tempi processuali.
Il comma 2 dell’art. 13/bis prevede che le norme relative al PAT troveranno applicazione solamente per i giudizi di primo e secondo grado introdotti a decorrere dall’1.1.2017, mentre per i giudizi pendenti continueranno ad applicarsi le norme previgenti sino alla definizione del grado di giudizio, e comunque non oltre il 1° gennaio 2018.
Contrariamente alle intenzioni manifestate inizialmente, che prevedevano l’applicazione delle norme sin da subito anche ai processi pendenti, il PAT entrerà dunque a pieno regime solamente l’1.1.2018.
Il comma 4 dell’art. 13/bis (manca inspiegabilmente un comma 3) introduce l’obbligo sino al 31.12.2017 di deposito almeno di una copia cartacea del ricorso e degli atti difensivi in via telematica, munita di attestazione di conformità a quanto depositato per via telematica.
La norma in esame – un evidente “regalo” alla Magistratura, che, in questa sede è riuscita ad ottenere quanto i Giudici civili avevano chiesto, senza successo, a gran voce (la materia nel PCT è correttamente regolata dalla circolare ministeriale dell’ottobre 2015: le copie sono stampate a cura della Cancelleria) – come più sopra rilevato va posta in stretta correlazione con l’obbligatorietà del deposito telematico a mezzo del domiciliatario: il domiciliatario deposita per via telematica, e poi corre in segretaria a depositare la copia di cortesia debitamente asseverata.
Tuttavia, la norma (oltre che inopportuna) pone una serie di irrisolvibili problemi giuridici, che evidentemente il legislatore non si è posto, ma che certamente comporteranno eccezioni e pronunce di nullità, a scapito del diritto di difesa e del diritto ad un processo celere.
La dichiarazione di conformità della copia depositata dovrà infatti essere apposta, necessariamente, dal domiciliatario (per essere colui che ha provveduto in via telematica), il quale, a mente dell’art. 7, comma 2 lett. d) potrà non essere iscritto all’Albo degli Avvocati.
Ora la prima cosa da chiedersi è da dove deriverebbe il potere del domiciliatario di attestare la conformità dell’atto cartaceo al quello depositato per via telematica (e che non ha redatto lui e che non ha poteri difensivi o di rappresentanza conferitigli dalla parte). Non esiste infatti nell’impianto normativo del PAT una norma che autorizzi a tanto, dal momento che è dato unicamente il potere di attestare la conformità della copia informatica alla copia analogica nell’ipotesi di deposito telematico, e non il contrario, peraltro al solo difensore e non al mero domiciliatario.
Si potrebbe quindi pensare ad un’applicazione per analogia dell’art. 23 del CAD, che peraltro prescrive che l’attestatore sia pubblico ufficiale (cosa che nel caso in esame difetta del tutto): non è quindi applicabile al caso in esame.
Parimenti per analogia potrebbe richiamarsi il comma 9/bis del DL 179/2012 introdotto dal DL 83/2016, ma in questo caso il potere è attribuito al difensore e non potrebbe essere esteso al mero domiciliatario. Va tuttavia rilevato come l’applicazione generalizzata quantomeno del comma 9/bis sia stata chiesta a gran voce dall’Avvocatura, ma non è minimamente stata presa in considerazione.
Non resta quindi che ritenere che il potere di attestazione sorga proprio dalla norma in commento, indipendentemente da ogni potere conferito dalle parti e dalla qualifica.
L’attestazione sarà quindi fatta ex art. 13/bis comma 4dal soggetto (avvocato o meno, e privato munito di PEC) che ha effettuato il deposito.
Ma quid iuris ove l’attestazione sia falsa, cioè la copia di cortesia non sia effettivamente conforme all’atto depositato in via telematica?
Per il domiciliatario avvocato, ovviamente soccorrerà il codice deontologico forense, ma per chi non è iscritto all’Albo, ovvero per il privato? Non pare esservi sanzione alcuna, posto che comunque l’atto che rileva è quello depositato telematicamente, e non la sua copia: con il risultato di una inaccettabile disparità di trattamento tra chi è avvocato e chi non lo è.
Ma quale la sorte dell’atto cartaceo depositato? Sarà conservato in un fascicolo cartaceo?, sarà cestinato? Non è dato a sapersi.
Ancora: quali le conseguenze in caso di mancato deposito della copia di cortesia? La norma non prevede sanzione, e sinceramente si spera di evitare di assistere alle dispute verificatesi nell’ambito del processo civile telematico in merito alla sanzione applicabile.
Infine una notazione curiosa: l’obbligo del deposito delle copie di cortesia riguarda esclusivamente il ricorso e gli atti difensivi, e non i documenti allegati, che assai spesso sono i più “fastidiosi” da leggere al computer. Forse che non interessano a nessuno?
Si auspica, come già per la “norma presupposto” di cui all’art. 7, comma 2 lettera d) che in sede di conversione del decreto venga del tutto eliminata.
Il comma 5 dell’art. 13/bis esclude dal PAT i procedimenti coperti dal segreto di Stato. Si ribadisce con questa norma la diffidenza nei confronti del sistema informativo.
Il comma 6 prevede che al fine di garantire la sicurezza del SIGA 2017 i depositi telematici degli atti processuali e dei documenti sono effettuati dai difensori e dalle Pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo esclusivo di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi, gestiti dal Ministero della giustizia.
La norma dovrà essere coordinata con quelle relative al deposito ad opera dei privati e dei domiciliatari non iscritti all’Albo.
Il comma 7 prevede la costituzione di una commissione di monitoraggio presieduta dal presidente aggiunto del Consiglio di Stato composta dal presidente di tribunale amministrativo regionale con la maggiore anzianità di ruolo, dal segretario generale della giustizia amministrativa, dal responsabile del servizio centrale per l'informatica e le tecnologie di comunicazione, nonché, ove necessario, da altri componenti aventi particolari competenze tecniche, anche esterni all'amministrazione, indicati dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa in misura non superiore a tre.
Si confida che i membri esterni siano Avvocati con comprovata esperienza nel campo del processo telematico.
Infine il comma 8 (come già più sopra accennato) abroga il comma 1-bis dell'articolo 2 del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161, ponendo così fine alla vigenza più breve che si ricordi di una norma approvata dal Parlamento.